Tutto nasce in una terra tanto difficile quanto ricca di fascino e suggestioni naturali, la Valtellina. La famiglia Murada è cresciuta in una quotidianità contadina. Siamo fortunati - spiegano - la nostra passione è diventata il nostro lavoro. Quanti possono dire altrettanto? Siamo nati e cresciuti ad Albosaggia, all’ombra della rigogliosa natura delle Orobie. Qui abbiamo sempre vissuto e lavoriamo tutti insieme per la nostra azienda agricola “Stella Orobica” che comprende anche un agriturismo. Le parole di Giuliano Murada, socio fondatore e cootitolare insieme al fratello minore Luca di “Stella Orobica” sono piene di passione: "In azienda lavorano e sono quotidianamente impegnati al nostro fianco anche i nostri genitori - sia nostra madre che nostro padre - e mia moglie. Possiamo anche contare sull’aiuto di un operaio agricolo stagionale. In agriturismo, invece, abbiamo 4 persone che ci aiutano quotidianamente". "Fin dall’inizio, 15 anni fa, l’obiettivo è stato quello di lavorare per avere un animale adatto in tutto e per tutto al nostro particolarissimo territorio grazie al quale poter proporre un prodotto finito di fascia alta. Abbiamo circa 30 vacche in produzione più la rimonta. Lavoriamo solo il nostro latte, ovviamente a crudo, e produciamo circa 100/110 quintali di formaggi all’anno. Produciamo le due DOP, ovvero Bitto DOP e Valtellina Casera DOP. Abbiamo poi altre 3 o 4 altre referenze di nostra creazione: Stalla Orobica, Bosaggella, uno Stagionato parzialmente scremato e il Noce Orobico. Un aspetto che fornisce un valore aggiunto ai nostri prodotti deriva dal fatto che possiamo permetterci di prolungare il pascolo per oltre 5 mesi all’anno. Il nostro è un mercato prevalentemente locale, grazie all’intesa attività dell’agriturismo, ma siamo soddisfatti anche dalle vendite a livello regionale e a volte nazionale.
La storia di questa azienda è suggestiva e Giuliano la racconta così: "Mio padre era un fabbro lattoniere con il sogno dell’oro bianco (il latte). Appassionato di zootecnica da sempre ha desiderato fondare un’azienda agricola. 15 anni fa, dunque, è nata “Stella Orobica”. Forse era meglio rimanere lattonieri vista la crisi che ha messo a dura prova il settore lattiero caseario. Scherzi a parte, io e mio fratello abbiamo accolto di buon grado questa passione facendola nostra. Sia mia madre sia mio padre sono ancora al nostro fianco. A volte è davvero dura, a volte, invece, le soddisfazioni non mancano. A livello locale vi sono tante altre realtà di livello è che manca ancora una vera e propria rete di promozione a cominciare da quella turistica. Non potrei comunque pensare di fare un lavoro diverso".
La mia massima ambizione - continua Murada - è quella di proporre un modello aziendale proficuo e vincente di filiera corta a ciclo chiuso. Credo molto anche nella funzione sociale che un’azienda agricola deve avere nei confronti dell’intera comunità soprattutto per fare passare sempre di più il messaggio di un consumo consapevole e di qualità. Non solo, credo che il nostro sia un lavoro con e per il territorio che, anche grazie alla zootecnia, viene manutenuto e preservato. Insomma una scelta di vita ma, come detto, non potrei immaginarmi altrove. Per me la tradizione deve obbligatoriamente sposarsi con l’innovazione. Con la tradizione ci si riempie tutti quanti la bocca, ma al di là dei sani principi, un’azienda deve stare in piedi anche economicamente. Se fosse per me mungerei ancora a mano in onore della tradizione, ma non essendoci la giusta retribuzione e avendo il mercato leggi ben precise - alcune delle quali da noi per scelta ignorate - dobbiamo ottimizzare e diversificare la produzione.
Conclude Murada: "Mi riconosco molto nelle parole di Wendell Berry, contadino del Kentucky, oltre che poeta e un intellettuale. “Forse esagero, ma non di molto. Il mangiatore industriale infatti non sa che mangiare è un atto agricolo, non conosce più né immagina i collegamenti che esistono fra l’atto di mangiare e la terra ed è perciò necessariamente passivo e acritico, in parole povere, una vittima. Quando il cibo, nelle menti di coloro che lo mangiano, non è più legato all’agricoltura e alla terra, si soffre di un’amnesia culturale pericolosa e fuorviante. Ed io voglio che il cibo dalla terra torni ad essere al centro della comunità umana nel rispetto della natura”. Sono pensieri oggi più attuali che mai che devono indurre tutti noi ad una serie riflessione. Da ogni nostra decisione, dal nostro rapporto con la terra dipende il nostro futuro ma soprattutto quello delle prossime generazioni".